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Fra le sorprese che le collaborazioni giornalistiche del giovane Gabriele d'Annunzio riservano al lettore, vi sono alcune inattese incursioni nei territori del fantastico. Si tratta di un fantastico non certo "d'habitude", bensì eccezionale, di "momenti" che segnano un'esperienza episodica - ma non per questo poco significativa - all'interno dell'opera dello scrittore, sia quando inventa caustiche "favole mondane" come Origine degli zolfanelli o Autobiografia di una sigaretta (in cui sembra quasi voler fare ironicamente il verso ad Andersen), sia quando si abbandona alla verosimiglianza del meraviglioso attingendo alle leggende dell'Abruzzo magico-arcaico (Santi e madonne in terra) o lasciandosi andare a una sorta di sensuale, panica rêverie (Ad altare dei, La sirena), approdando a lussureggianti sfrenatezze che hanno un allucinato, acre retrogusto scapigliato. Ma la suggestione fantastica si annida anche nelle immagini evocate dallo "scherzo galante" Sancta Kabbala oppure in alcune "fantasie" come La profezia o, bellissima fra tutte, I crisantemi, pallidi fiori dei morti che fanno morire chi li coglie